
Matteo Cornelius Sullivan, il primo artista a invadere i bordi della tela
Intervista di Silvia Michela Carrassi
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Ciao Matteo, noi ci conosciamo da diversi anni, le nostre attività prevalentemente di carattere divulgativo, hanno fatto nascere l’idea di poter pubblicare i tuoi articoli, i tuoi contenuti sempre molto interessanti, nel Portale LSNN. Quando mi hai scritto che oltre alla scrittura tra le tue arti c’era anche la pittura, ho pensato, da artista ad Artista (ci sta bene il gioco di parole), che è bello il poter creare e osservo con ammirazione le tue creazioni. Ti faccio alcune domande semplici, con la premessa che “se si parla di creazione, arte in tutte le sue forme pure sempre estetiche, lo spazio nel Portale LSNN è ben utilizzato. Dove c’è Estetica, è presente Futuro e questo ripaga di molto tutti gli sforzi impiegati ogni giorno per sostenere e mantenere vivo il Network”. Questa occasione è importante così che il pubblico i lettori del Network LSNN, possano apprezzare le tue creazioni, “già” quanto con ammirazione osservo personalmente.
Quando è iniziata questa passione?
Provenendo da una famiglia di artisti, dove mia madre, Lidia Pera, è stata una presentatrice RAI e un’attrice ed ora è una scultrice e, da parte di sua nonna materna c’è la famosa famiglia italiana e americana dei Cartaino Scarpitta, con nomi come Gaetano Cartaino un celebre scultore che era suo bisnonno, Salvatore Scarpitta Cartaino, scultore, Sal Scarpitta, scultore e pittore, Carmen Scarpitta, attrice e molti altri; suo padre, Renato Pera, era un inventore e aveva la rivista “Selezione Radio” e ogni tanto quando lo andavo a trovare, lo vedevo dipingere su delle tavole di legno navi del XIX secolo, usava tecniche molto sofisticate ma non fu mai una professione. Mio padre, Craig Stewart Sullivan, era un tenore, non so dove sia iniziata la passione, perché sono sempre stato circondato dall’arte, anche figurativa, ma se proprio devo dare una data, direi il 1985 quando dalla carta, trasferii la mia pittura sulla prima tela. Una curiosità è che la tecnica base della pittura me la insegnò mio padre quando ero bambino, lui a sua volta l’aveva imparata da bambino dal pittore australiano Norman Lindsay, amico di mio nonno. Una cosa forse d’interesse per il mondo dell’arte è che la mia quarta tela “Tentativo di fuga dal quadro” era un piccolo quadro, 18x24cm, in cui rappresentavo appunto un individuo che tentava di uscire dal quadretto e la sua mano era attaccata a una cornice dipinta sulla tela stessa e che invadeva i bordi della tela stessa; Questo è il primo quadro nella storia dell’arte in cui si invadono i bordi della tela per esigenze di rappresentazione dell’opera [nella foto per l’intervista, questo quadro è presentato mostrando il bordo della tela]. Sempre nel 1985 dipinsi un altro piccolo quadro, 30x40cm, intitolato “Fuga da un brutto quadro”, in cui c’erano delle piccole figure umane dipinte quasi in stile naïve, che in un certo senso volavano fuori da una città grigia e deprimente e andavano a sedersi su una cornice anche qui dipinta e che invadeva il bordo. Questi due quadri sono distanti da quanto dipingo oggi ma mantengono il loro primato e la propria unicità. E la storia di questi quadri non finisce lì, infatti all’epoca invitavo molti amici nella mia casa di Milano e tra questi diversi artisti… risultato fu che, siamo sempre negli anni ‘80, mentre camminavo per le vie di Milano, passai davanti a una galleria d’arte e con mia sorpresa vidi un’intera mostra di quadri copiati dal mio quadretto “Fuga da un brutto quadro” , tutti che ripetevano la stessa idea con varianti.. Non me la presi troppo, perché pensai, come penso ancor oggi, che quello non era un artista, anche se sapeva dipingere bene, ma nient’altro che un’imbratta tele, un individuo senza dignità, capace solo di fregare le idee altrui e per giunta senza dire nulla… Questo non detrae nulla alle “copie d’autore” che, pur rimanendo copie, sono un discorso a parte e che comunque riguardano artisti morti e sepolti da tempo. Ma ribadiamolo bene per la nostra società contemporanea che vede l’arte solo quando raggiunge i tappeti rossi degli Oscar, chi ruba le idee altrui, non solo non vale niente da un punto di vista artistico ma anche da quello umano, perché sempre di furto si tratta. Questa non fu l’unica volta in cui fui copiato ma se hai creatività, pur giudicano, passi oltre, perché tu vai avanti, gli scopiazzatori rimangono dove sono: nella mediocrità. Tornando all’invasione dei bordi della tela, che nel mio caso non era una questione decorativa ma parte del quadro che avanzava in quello spazio, questa idea divenne per me una prassi alla fine degli anni ’80; Oggi quasi tutti i pittori lo fanno, anche se in genere i bordi sono dipinti per non lasciare parte della tela in bianco, senza far proseguire cioè l’opera sui bordi.

Quando hai avuto l'idea di iniziare questo percorso?
Diciamo che dagli anni ’90 in poi l’arte per me è diventata una costante, anche se alternata ad altre cose di cui mi occupo, tra cui la politica in campo monarchico, il giornalismo e la mia passione per la storia che si traduce nei libri che scrivo.
Hai progetti futuri al riguardo?
Si, progetti ne ho sempre, realizzarli è un’altra storia… ma ci lavoro sempre, costantemente.
Hai in programma pubblicazioni specifiche riguardo la tua pittura?
No, non ho progetti editoriali sulla mia pittura ma, in quanto da un punto di vista lavorativo mi occupo anche di turismo nel Western Australia, prevalentemente verso il deserto dei Pinnacoli, e questa attività è interrotta per via del Covid-19, ho avuto molto più tempo a disposizione per scrivere, col risultato che quest’anno ho pubblicato già otto libri che erano “nel cassetto” da diverso tempo ma sono tutti di storia o biografici.
Quali tecniche applichi nella tua arte?
Teoricamente tutte quelle a disposizione ma la prevalenza cade sempre sui colori ad olio che in genere uso senza sovrapposizioni, cioè come si fa per gl’affreschi, cosa che rende più difficili le sfumature ma che garantisce una maggior stabilità nel tempo dei colori. La pittura ad olio è formidabile, già gl’antichi Greci la usavano e si è preservata in alcuni casi fino ai giorni nostri, con gl’acrilici, che comunque ogni tanto uso, invece sono una scommessa, nel senso che non si sa se dureranno nel tempo.
Come ti senti al riguardo della tua attività?
Benissimo, anche se non ci penso mai, nel senso che continuo sempre a fare le mie cose, a prescindere dagli alti e bassi che, come in ogni cosa della vita, sono sempre presenti.
Hai esposto i tuoi lavori in qualche luogo?
Si, ho esposto le mie opere varie volte, prevalentemente a Milano, Sydney e Perth, ma anche in Inghilterra e in altri Paesi e in molte altre citta italiane; per la precisione ho esposto le mie opere 147 volte tra personali, collettive, permanenze e concorsi, dove ho anche vinto qualche premio, tra cui due primi premi, uno dei quali però non lo accettai perché ero tra gl’organizzatori del concorso e non mi sembrava corretto essere premiato. Attualmente sto esponendo al “VPCA Art Supermarket” presso il centro commerciale di Victoria Park, in un sobborgo residenziale di Perth, in Western Australia; L’iniziativa è una delle molte organizzate dal Victoria Park Centre for the Arts.
Che stile hai abbracciato?
In verità sono molto eclettico e inoltre mi piace l’idea di adeguare lo stile al soggetto e non viceversa. Nei miei lavori comunque è più importante il messaggio che l’estetica in quanto tale e credo che sia un modo di esprimersi che traspare non solo nella mia pittura o scultura ma anche nel mio scrivere. Comunque la critica ai miei lavori che più mi piace, perché credo identifichi il mio lavoro nel modo più preciso, è quella di Giuseppe Manzoni di Chiosca, un amico da molti anni e un grande critico d’arte, che mi ha definito un superealista ma non del superealismo simile all’iperrealismo ma in contrapposizione al surrealismo che proviene dal subcosciente, quindi sogni e sub-reale, mentre i miei quadri che alle volte hanno una similitudine nelle immagini col surrealismo, esprimono idee o ideali e quindi sono al di sopra della coscienza, super-coscienti, ovvero appunto: super-realisti, sopra la realtà. Quindi sì, ho abbracciato il superealismo, anche se prima della sua critica non avevo supercoscienzializzato la cosa e praticamente ho abbracciato me stesso, perché a quanto pare sono l’unico superealista di questo genere…
Source by Matteo Cornelius Sullivan









